Quella
mattina, come sempre, stavo andando a scuola. Ma la solita strada, le solite
case, i soliti negozi, era come se non li ritrovassi più. Uomini in chitone o
in clamide e donne in lunghi pepli mi camminavano accanto.
Il
paesaggio aveva qualcosa di familiare. Guardai all’orizzonte e riconobbi le
colline che digradavano verso il mare e la linea sinuosa della costa. Mi
trovavo in un luogo che conoscevo, ma che aveva perso le caratteristiche
consuete, sembrava spoglio di qualsiasi riferimento al presente.
Mi
avviai per una strada lastricata in pietra, che scendeva verso il mare. Seduta
ad un crocevia, vidi una ragazza che mi guardava, come se mi aspettasse. Gli
occhi azzurri, come gocce di mare africano, le brillavano sul volto.
–
Ti aspettavo... Sono Kronya. Voglio
farti conoscere due persone… – mi disse, appena mi avvicinai.
Mi
prese per mano e insieme cominciammo a percorrere la stradina che si andava
riempiendo di persone indaffarate. Il modo di vestire era tipico dell’antica Grecia.
Ma
dove mi trovavo e principalmente quando?
Chi erano i misteriosi personaggi che andavamo ad incontrare con la bellissima Kronya? Quest’ultima sembrava che mi
leggesse il pensiero.
–
Sei ad Akràgas, la più bella città
dei mortali, la città dei tuoi lontani progenitori. Qui costruiscono case e
templi come se non dovessero morire mai e mangiano come se dovessero morire
l'indomani.
Non
ebbi il tempo di riflettere su quelle parole che la strada si aprì su una
grande piazza, nel cui centro si ergeva una costruzione di dimensioni enormi.
Si trattava di un tempio alto come un palazzo di sei piani, con colonne enormi
e bianchissime, sovrastate da una trabeazione con figure scolpite che
rappresentavano eroi in battaglia. Sotto vi riconobbi delle colonne a figura
umana maschile, che avevo visto da qualche parte: - I telamoni! - pensai.
Anche
questa volta Kronya fu più veloce del
mio pensiero: - Questo è l’Olympeion:
non farti ulteriori domande; sarebbero inutili. Fu costruito dai tuoi avi per
festeggiare e ringraziare gli dei e gli eroi della battaglia di Himera di cinquant’anni fa. Sappi che
nessuno del tuo tempo ha avuto l’onore di vederlo; è un privilegio che ti voglio
regalare. Ma non è l’unico…-
La
battaglia di Himera…, pensai, è del
480 a.C. allora siamo nel
430 a.C.!
L’Olympeion aveva giganteschi gradini che
costituivano il basamento del tempio. Per l’accesso alle grandi porte
d’ingresso vi era una scala in pietra che collegava gli enormi scalini l’uno
all’altro. Due figure ci aspettavano alla fine della scala. Il primo, che
sembrava avere una quarantina d’anni, stava in piedi e guardava con una sorta
di consapevole deferenza il secondo, più anziano di lui di almeno vent’anni, che
invece stava seduto su uno dei gradini, circondato da altri uomini che lo
trattavano con grande rispetto. Era evidente che il più vecchio doveva essere
una persona importante qui nell’Akràgas
della seconda metà del V secolo a.C.
Entrambi sembravano aspettare qualcuno, ma nessuno dei due guardava verso di
me.
Kronya
ancora una volta mi diede una mano.
–
L’uomo anziano è la guida, il faro eterno di Akràgas, l’uomo che ha salvato la città dallo sfascio dopo la fine
della tirannide di Terone. Non ha mai
voluto nessun riconoscimento politico, ma ha fatto molto sia qui sia nelle
città vicine: è il grande Empedocle, saggio, ingegnere e medico glorioso. Il
più giovane, che vedi in piedi, invece, è Socrate, figlio di Sofronisco: si
trova qui di passaggio. Viene da Atene, dove è stimato dai giovani e non sempre
apprezzato dai governanti, e da dove è fuggito per via di una grande pestilenza
che sta decimando la popolazione di quella città. Attendendo che l’epidemia
passi per ritornarvi, ha voluto conoscere la grandezza di Akràgas e dei suoi abitanti. Avviciniamoci!
Empedocle
e Socrate insieme: e chi lo avrebbe mai detto!! Ancora una volta, non ebbi
tempo di pensare che Empedocle mi vide.
–
Ragazzo, tu che vieni da un altro tempo – mi disse – vuoi confermare a questo
signore che l’universo è fatto di terra, aria, acqua e fuoco ed è mosso dalle
forze dell’Odio e dall’Amore che tutto unisce?
Sorridendo,
pensavo tra me quanto ingenua fosse quelle domanda rispetto al mio mondo fatto
di relatività e teorie quantistiche,
quando Socrate disse:
–
L’Odio e l’Amore sono importanti, ma l’animo dell’uomo, in cui essi albergano,
è ciò che più dobbiamo conoscere e, più sappiamo di esso, e meno conosciamo. Tu,
invece, ragazzo del tempo futuro, hai per noi il segreto della conoscenza?
Non
avevo nessun segreto e nessuna certezza, ma avrei voluto raccontargli tutto
quello che sapevo del mio mondo. Kronya
lesse il mio pensiero, mi guardò con tenerezza e mi disse: - Ognuno ha il suo
tempo. Sono certa che anche a te qualcuno darà gli occhiali per saper leggere
il tuo mondo e rispondere a questa domanda… -
Stavo
per aprir bocca, quando lei sparì, come un alito di vento, e mi ritrovai nella
strada di scuola: era il mio primo giorno al Liceo Classico.