Selezione testo per la Notte Nazionale del Liceo Classico - testo di Giulia Quattrocchi IVC


Quella mattina, come sempre, stavo andando a scuola. Ma la solita strada, le solite case, i soliti negozi, era come se non li ritrovassi più. Uomini in chitone o in clamide e donne in lunghi pepli mi camminavano accanto.
Scossi il capo, incredula. Che fossero solo prodotti della mia mente, già abbastanza esasperata dal pensiero dell'imminente verifica di storia greca? Ripensai, non senza una punta di terrore, alle dure parole della prof: stavolta, ragazzi miei, nessuna pietà, tuonava dalla cattedra come novella Medusa, scuotendo minacciosa le luride serpi cotonate. Risi nervosamente, rammentandomi della risicata sufficienza che anche quella volta mi sarebbe spettata, e urtai contro un ragazzo in himàtion, con cui mi scusai distrattamente prima che, sorridendo, si offrisse di accompagnarmi per la via che portava al mercato. Non lo vidi più, tanto gremita era l'agorà quel mattino; solo due uomini, l'uno neppure ventenne e l'altro pressappoco sui quarantacinque, conversavano animatamente, lontani dal rumoroso capannello di gente che andava formandosi al centro dello spiazzo. Riconobbi in loro Zenone e Parmenide e, in silenzio, mi appostai dietro una bancarella pur di origliare le bizzarre teorie che il giovane, diventato di fiamma, raccontava al suo maestro a metà tra il contrariato e il divertito.
“Perciò,” ricominciò quello, “o Parmenide, non mi credi? Neanche tu, allora, riesci a vedere oltre le apparenze, a riconoscere”, concluse amaramente, “come anche una misera tartaruga possa battere il divino Achille?”
“Bada bene, o Zenone, a riflettere prima di parlare. O forse vorresti tediare anche la povera ragazza lì dietro con le tue sciocchezze?” chiese l'amico, sorridendo con vaga aria di rimprovero, mentre uscivo dal mio improvvisato nascondiglio, rossa di vergogna.
“Mi dispiace”, farfugliai, cercando di sfoggiare il miglior greco che avessi, “ma non ho potuto fare a meno di ascoltarvi... e tu, Zenone, ti dimostrerò che sbagli”, risi, mentre il giovane, punto nell'orgoglio, blaterava in risposta qualcosa sul mio strano abbigliamento; ma neppure ebbi il tempo di presentarmi a dovere, che già un urlo straziante si levò dalla folla davanti a noi.
“E' Temistocle”, sospirò rassegnato il filosofo, vedendo le nostre facce sorprese. “E' stato esiliato ieri, e ora si ridicolizza ulteriormente. Una gran brutta faccenda, direi, specialmente considerando gli imbrogli...”
“Imbrogli?” lo interruppe Zenone, curioso.
“Dicevo. Zenone, davvero non hai udito nulla dell'accaduto? Sono stati i sostenitori di Cimone a procurare la sua rovina”, spiegò, “chissà però con quali mezzi... Si vocifera in giro che abbiano addirittura truccato le votazioni.”
“Ma è indegno!” si adirò il giovane. “Capisci?” si rivolse a me e io annuii, consapevole del fatto che la natura umana, malgrado i secoli che ci separavano, ancora non accennava a cambiare.
“In ogni caso, è stato un atto di estrema viltà da parte degli Ateniesi”, aggiunse Parmenide, increspando le labbra in una smorfia amara. “Dopo essersi tanto speso contro le schiere di Serse, certo non meritava un trattamento simile. Ma che possiamo farci, o Zenone?” cercò invano di richiamare l'attenzione del ragazzo,  il cui sguardo mesto si rivolgeva ancora una volta alla penosa figura del condottiero, ormai come spogliata di ogni gloria.
Decidemmo così di comune accordo, pur di non assistere un attimo di più all'agonia di Temistocle, di fare una passeggiata per le vie principali, ma anche lì Zenone non smise un attimo di tormentarmi coi suoi interrogativi.  “Allora,” mi chiedeva, “come confuteresti la mia tesi?” mentre io, con un coccio raccolto da terra e uno stilo, gli spiegavo alla meglio ciò che avevo imparato a scuola. Più volte si arrabbiò con me, ma poi sembrò capire.
Camminammo ancora per molto, finché non mi resi conto di essermeli lasciati alle spalle; né più vi era traccia del gentile giovane in himàtion che mi aveva accompagnata. In compenso, forse, avrei avuto molto più di una banale lezione di storia da raccontare...