Quella mattina, come sempre, stavo andando a scuola. Ma la
solita strada, le solite case, i soliti negozi, era come se non li ritrovassi
più. Uomini in chitone o in clamide e donne in lunghi pepli mi camminavano
accanto.
Mi domandavo se fosse un sogno, ma sembrava tutto così reale.
Mi guardavo attorno in cerca di posti, persone, visi a me familiari. Venivo
attirata dal brusio di alcuni giovani, seduti in cerchio, intenti ad ascoltare
il loro saggio maestro che cantava le gesta degli eroi omerici: raccontava di Achille,
della guerra di Troia e della sua disfatta.
Errante come Odisseo in cerca della sua amata Itaca, mi
avviavo in cerca della mia scuola, proprio quella mattina avrei dovuto svolgere
il famigerato compito di lingua greca! Dopo aver vagato per almeno mezz’ora
senza successo, mi soffermavo ad osservare in modo più minuzioso gli edifici:
erano antichi, fatti di tufo, caratterizzati da capitelli e con degli scalini.
Stava accadendo qualcosa di mai visto in città: ero in Grecia. La Grecia
antica, quella che avevo studiato sui libri scolastici.
Completamente spaesata e confusa, cerco disperatamente all’interno
della borsa il mio cellulare, ma appena lo prendo mi accorgo che non funziona
più. Presa dall’ansia mi siedo per terra, quando sento una voce dolcissima che
mi chiama per nome ripetutamente. Volgendo lo sguardo in cerca di quel richiamo,
mi si avvicina una bella ragazza vestita con un peplo, dalla lunga chioma
castana: mi accorgo improvvisamente di essere vestita al suo stesso modo e di
riuscire a comprendere la sua lingua. Faccio mente locale: com’è possibile non
averla riconosciuta? Era la mia amica Gongila che mi chiedeva cosa mi stesse
accadendo.
Ora ricordo: sicuramente mi sarò lasciata trasportare dai
miei pensieri… abito da sempre a Lesbo e l’anno che corre è il 610 a.C. Mi domando cosa stessi sognando prima che
Gongila mi riportasse alla realtà… Passata questa breve confusione mentale, la
mia amica mi racconta, con molta emozione, della poesia che la nostra
insegnante, Saffo, le ha dedicato: consisteva in un inno alla sua bellezza, nel
quale la riteneva ancora più affascinante della dea Afrodite. In effetti il
dono della bellezza è una qualità da attribuirle. Gongila era appagata come non
mai e parliamo di come la nostra istitutrice ci stimi e ci ammiri per le nostre
doti. L’abbiamo definita come una donna dolcissima, che ascolta i nostri
problemi senza giudicarci e ci domandiamo se in un ipotetico futuro esisteranno
ancora insegnanti come lei. Chissà… In seguito decidiamo di passeggiare per
l’agorà, dove sentiamo una discussione sul futuro politico della Grecia. Anche
noi due abbiamo parecchie domande sul nostro futuro, e per far divertire
Gongila le racconto di quello strano sogno avuto da poco: è sbalordita sentendo
la descrizione di quel posto futuristico in cui ho vissuto per poco tempo, che
forse non esisterà mai, ma che ci affascina molto al solo pensiero.
Mi soffermo su quanto io possa essere strana a pensare ad un
mondo in cui non ci si abbraccia più, ma si usano strani strumenti per
comunicare tra persone.
Tra una risata e l’altra, si è fatto tardi. Ringrazio la mia amica per il bel pomeriggio
passato insieme e ci abbracciamo, ci vedremo il giorno seguente il tiaso di
Saffo con le altre fanciulle.
Tornando a casa, il ricordo di quella visione è sempre
intenso nei miei ricordi e mi domando: “Chissà come sarà vivere nel ventunesimo
secolo?”